Vita di San Luigi Orione – Capitolo I

“DARE LA VITA CANTANDO L’AMORE”

Capitolo I – Il nido

“Si era nell’anno 1848, e passavano a Pontecurone, mio paese, i soldati che andavano alla guerra. Una truppa si fermò nell’abitato ed alcuni militari andarono a mangiare ad un’osteria, dove mia madre faceva da cameriera. Nel vedere quella fanciulla che serviva a tavola con sveltezza, alcuni di quei soldati si permisero di dirle qualche parola un po’ libera… Ella lasciò andare uno schiaffo al soldato più vicino e tacita, continuò nel suo lavoro: Le dissero dopo, che il colpito si chiamava Vittorio D’Urion. Mio padre fece poi otto anni di soldato. Ritornato a Tortona, andò a Pontecurone a vedere se quella cameriera fosse ancora libera, pensando tra se: quella giovane deve essere con la testa a posto!”.

Le cose vanno proprio secondo i suoi desideri. La ragazza, ancora libera, dopo un periodo di reciproca conoscenza, accetta di sposarlo. L’undici febbraio del 1854, lo stesso giorno dell’apparizione della Madonna alla piccola Bernardetta, Vittorio Orione e Carolina Feltri si uniscono in matrimonio a Pontecurone nella chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta.

Vittorio Orione, tortonese, di statura bassa, robusto, con barba folta secondo la moda del tempo, si dichiara garibaldino. In realtà è d’animo buono, sempre disposto ad aiutare gli altri. Per nessuna cosa al mondo si sarebbe permesso di fare del male a qualcuno. Il lavoro di selciatore di strade, duro e poco redditizio, non gli permette l’ozio, il pettegolezzo, e tanto meno le alte disquisizioni della politica. L’anticlericalismo dilagante condiziona la sua pratica religiosa, ma non ne compromette la fede e l’onestà. Quando sarà il momento, non solo non ostacolerà la scelta vocazionale del figlio, ma chiederà a lui coerenza e fedeltà assoluta: “sacerdote sì, ma vero sacerdote!”.

Carolina Feltri, nata a Castelnuovo Scrivia, unisce in se la più squisita dolcezza insieme ad una determinazione altrettanto accentuata e forte. Rimasta orfana in giovane età, deve darsi da fare insieme alla madre e alle due sorelle, per guadagnarsi da vivere. In paese tutti le conoscono e le stimano per la loro instancabile laboriosità, rettitudine morale e la testimonianza di una fede robusta e coerente. Carolina non ha né i mezzi né il tempo di frequentare la scuola. Non sa leggere, non sa scrivere, ma in ogni circostanza si dimostra donna saggia e prudente.

La famiglia Orione sceglie come residenza Pontecurone, piccolo borgo tra Tortona e Voghera, in Provincia di Alessandria, a confine tra il Piemonte e la Lombardia. E’ un paese preminentemente agricolo, ma che vanta una storia gloriosa che risale ai romani e a Barbarossa. Le numerose chiese, le cappelle sparse nei vari possedimenti, e le edicole che abbelliscono parecchi edifici e abitazioni private, sono la più bella testimonianza di  una religiosità dinamica e intensa.

In molti paesi d’Italia fino agli anni 50, era usanza nel mese di maggio, raccogliersi davanti ad una edicola per la recita del santo rosario. A Pontecurone nell’anno 1872 l’appuntamento è presso la casa dei genitori del parroco. Tra le persone più assidue, inutile dirlo, troviamo Carolina.

Terminato il mese, la strada che porta davanti all’edicola della sacra effige continua a brulicare di un andirivieni di persone. Tutti vogliono andare a vedere quella rosa che davanti alla Madonna del rosario non vuole appassire.

– « Che significato avrà tutto questo, signor canonico?», chiedono incuriositi i paesani.

– « Penso, risponde, che la Vergine stia per concedere un grande dono al paese ! ».

Forse quando il 23 giugno dello stesso anno nasce Giovanni Luigi Orione, quarto dei figli, dopo Benedetto, Alberto e Luigi morto quando non aveva ancora quattro mesi, nessuno o ben pochi ricollegano l’avvenimento. A distanza d’anni, cominciando dalla madre del parroco assidua frequentatrice alla recita quotidiana del rosario guidato con tanta devozione dal chierico Orione custode nel duomo di Tortona, diventa sempre più certo che era Luigi il dono di Maria!

La famiglia Orione non ha casa propria. Si accontenta della tinaia, piccolo rustico della villa del ministro Urbano Rattazzi. Non ha rendite, non ha proprietà, non stipendio fisso. Una povertà nobile e riservata e il lavoro assiduo sono il più bell’ornamento dell’opero­sa famiglia.

Il ministro Rattizzi nei periodi di vacanza che trascorre nella sua villa di campagna, ha modo di conoscere meglio e di apprezzare sempre più i suoi ospiti. Un giorno incontrando Vittorio con Luigino di non ancora undici mesi, lo prende in mano e lo palleggia compiaciuto. Poi rivolgendosi al papà chiede scherzando:

– Che ne faremo? Un gesuita?  Ne faremo un generale, soggiunse immediatamente pensando alla passata carriera militare di Vittorio.

Un condottiero, sì, sarà Luigi Orione, ma non di soldati o di guerre. Sarà il condottiero dell’esercito del bene e della carità…

Mamma Carolina fa quadrare i conti dandosi da fare in mille maniere: va a servi­re in qualche casa, va a raccogliere la legna. D’estate Va a spigolare dietro i mietitori. Deve uscire di casa presto, mentre in cielo brillano le ultime stelle. Av­volge Lui­gi, ancora piccolo, in uno scialle e non potendolo lasciare solo in casa, lo porta con sé. Giunta sul campo, lo adagia così avvolto ai piedi di un albero per proteggerlo in qualche modo. Luigino si riaddormenta mentre la mam­ma comincia il suo lavoro. Così in ogni stagione.

Quando poi il bambino riuscirà a muoversi a passettini rapidi, mamma Carolina lo invoglierà ripetendo: raccogli, Luigino: è pane!

D’inverno, quando la campagna riposa e le serate sono lunghe e fredde, il vicinato si raduna in qualcuna delle stal­le tra le più capienti. Il tepore degli animali è una benedi­zione, il trovarsi insieme un diversivo. Le donne fanno i loro lavoretti di cucito o a maglia. Gli uomini passano il tempo facendo qual­che partita a carte. I bambini si divertono un mondo giocando con gli animali. Tra questi c’è anche Luigino.

Egli ha un’attrazione tutta particolare per il mite asinello che gli piace accarezzare dolcemente. Forse pensa all’asi­nello della stalla di Betlemme di cui tante volte la mamma gli ha parlato. E la sua piccola ed accesa fantasia si anima di tante visioni.

Ad una certa ora gli uomini smettono di gioca­re e le donne di lavorare e in cerchio, iniziano la recita del rosario. Luigino si accoccola accanto alla mamma e partecipa, come tutti, alla preghiera.

Alla scuola della madre, dall’esempio di tanti buoni paesani, nella contemplazione prolungata delle molte e belle Madonne che adornano la sua parrocchia, impara ad amare e a pregare teneramente la Mamma del cielo.

Mosso dalla stessa devozione, incurante del freddo, spesso raccoglie nei campi piccoli fiori per farne un mazzetto da portare dinanzi alla Madonna di una delle tante edicole sparse intorno al paese. Una preghiera veloce, uno sguardo pieno d’amore, e poi di corsa di nuovo a giocare.

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