Sono trascorsi cinquant’anni dal triste momento (per noi) della morte di Frate Ave Maria (Cesare Pisano) e ci incontriamo su queste pagine, oggi, per questo importante momento di vita di Congregazione e ancor più per la nostra particolare realtà di S. Alberto di Butrio. La vita del nostro eremita cieco, a grandi linee, la conosciamo tutti. Per il lettore che volesse approfondirne la figura, sia fisica che spirituale, lo rimandiamo ad altre fonti. Noi invece, con un pensiero nostalgico e un po’ malinconico, siamo andati a rivedere gli articoli scritti in quei giorni sui giornali locali. Una espressione molto semplice ricorre in modo sistematico in essi: la citiamo per intero, per non perdere nemmeno un briciola dell’effetto commovente che allora suscitò: “ E’ morto un santo”! Sì, la vita semplice e profonda di frate Ave Maria ha suscitato attorno a sé quell’alone di misticismo e sacralità e non poteva esser diversamente per un’anima tutta abbandonata in Dio “. La persona di Frate Ave Maria attirava molta gente e molte personalità a S. Alberto. Il fascino spirituale che trasmetteva, e che non poteva avere che altra origine nel continuo contatto con il Divino, era unito ad una personalità profonda e molto comprensiva dell’umana miseria, e questo duplice aspetto unito in una semplicissima persona, per di più affetta da cecità, attraeva moltissimo e suscitava ammirazione e desiderio di contatto.
In quel periodo, riecheggiava allora la giusta preoccupazione di come sarebbe potuto essere il futuro dell’Eremo dopo la sua morte. Lui era la figura chiave di quegli anni, ne era un po’ l’anima, il punto di riferimento: già si parlava della morte dell’ultimo eremita cieco di don Orione, e quali sarebbero state le sorti di questa millenaria abbazia tornata alla sua vita di preghiera e lavoro per l’impulso di san Luigi Orione a partire in modo ufficiale dal 1920 dopo secoli di silenzio e semi abbandono. Certamente, in quell’epoca, l’ “Abate” don Emilio Chiocchetti e fra Placido, gli unici due residenti, si saranno guardati con un certo senso di smarrimento, ma poi da uomini di fede e veri Figli della Divina Provvidenza sapevano certamente che se “ il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore produce molto frutto !”. Allora come oggi, siamo di fronte certamente a una sfida anche per il presente: la ridotta comunità e la mancanza di vocazioni non promettono tempi di prosperità, ma siamo nelle mani di Dio e vorremmo poter tutti gridare “ …è Il Signore! ”, come l’Evangelista Giovanni descrive nell’episodio evangelico dei due discepoli di Emmaus, i quali lungo la strada dialogavano tristi per i fatti avvenuti e un senso di smarrimento e sconfitta e delusione era calato nel loro cuore. E oggi frate Ave Maria è per noi un modello di vita, irragiungibile per certi aspetti, ma è come il precursore “Giovanni Battista”, che ci indica l’Agnello di Dio, ci addita la via, la strada che Lui ha percorso generosamente. Adesso, la sua tomba è diventata un luogo di preghiera. Sopra di lei brilla costantemente la fiamma di un cero, vengono deposti dei fiori, delle richieste di grazia. Essa è diventata segno di un ponte tra la terra e il cielo, come lui lo è stato in vita con il dono del Consiglio che elargiva con generosità e dedizione, con quella sua fede che era più comunione con Dio che esercizio intellettuale di virtù. Era e resta un vero maestro di vita cristiana, un Fratello che ha saputo parlare alle anime di Dio e a Dio delle anime che lui aveva modo di incontrare. Ringraziamo il Signore per questi doni che ancora ci fa; per il dono di averci dato frate Ave Maria, e lo vogliamo pregare che al più presto ci conceda di poterlo onorare Beato! Eremiti della Divina Provvidenza di S. Alberto di Butrio.